Sayonara, di Bruno Gemelli

La copertina del libro Sayonara

Sayonara significa tante cose, oltre al presunto saluto nipponico che viene usato a sproposito, credendo di pronunciare un semplice arrivederci. Tale abitudine provoca sconcerto nei poveri giapponesi, i quali però non sanno come reagire senza offendere l’interlocutore. Ci sono molte cose che gli occidentali non capiscono del Giappone. Una di queste, come è ovvio, è la lingua. Lungi dall’essere una battuta è un’osservazione che nasce da un aspetto piuttosto marginale ma, dal punto di vista simbolico, illuminante per inquadrare la relazione tra Giappone e il resto del mondo e le differenze culturali. Come si è già visto, in giapponese è difficilissimo dire no e la ragione principale è proprio nel grande rispetto che i nipponici provano nei confronti del loro interlocutore. Non è l’unica difficoltà, o l’unico malinteso, che sorge quando si frequenta, poco e male, la lingua di Tokyo.
Sayonara, nel senso di arrivederci, era lo pseudonimo che una ragazza di Torino si era data per correre prima in moto e poi in auto. Questa ragazza si chiamava Ada Pace ed è il primo capitolo di questo saggio di memorie femminili che sono in credito con la storia.
Perché queste donne sono in credito? Perché devono sempre dimostrare qualcosa in più. Da qui la carrellata di alcune figure che si sono rese protagoniste di un qualcosa di significativo, magari piccolo, che andava, in qualche modo, registrato.
Da qui, anche, taluni esempi di protagonismo positivo. Come Emma Strada di Torino, la prima donna che si laurea in ingegneria in Italia e che svolge il primo lavoro a Catanzaro, distante dalla sua città, Torino, oltre mille chilometri.
Le altre protagoniste, diverse per epoca e censo, fanno da corollario a una rappresentazione non banale, anzi tragica nella storia di Rossella Casini, dei personaggi citati nel tempo in cui vissero.
La carrellata delle dimenticate ha utilizzato la cronaca datata, pescando nella varia umanità locale, nazionale e persino internazionale; dalle vittime eroiche alle malvagie, dalle fortunate e talentuose alle sfortunate, senza pregiudizi narrativi o altre sovrastrutture. D’altra parte la memoria sfuma, di solito, nei titoli di coda.

Bruno Gemelli. Catanzarese, giornalista. Dal 1988 al 1990 è stato portavoce del presidente della Regione Calabria. Dal 1999 al 2002 è stato direttore responsabile del portale calabriaweb, il primo magazine online realizzato in Italia. Ha collaborato con diverse testate regionali e nazionali. Ha pubblicato: Caro Attila (Frama Sud, 1978), Cessaré (Frama Sud, 1978), insieme a Pietro Melia. In questa Calabria (editoriale progetto 2000, 1987). ‘Ndranghita & Mass media scarti di magazzino, blob cartaceo (editoriale progetto 2000, 1991). Il silicio e la parola – La Calabria racconta su internet (editoriale progetto 2000, 2001). Il gobbo del Quarticciolo. Vita e morte di Giuseppe Albano (Città del Sole, 2009). Il grande otto – Storie dimenticate di Calabria (Città del Sole, 2013). Lo strano delitto – prefazione di Lou Palanca (Città del Sole, 2015). L’ape furibonda – prefazione di Susanna Camusso (Rubbettino, 2018), insieme a Claudio Cavaliere e Romano Pitaro. Il pappagallo silenzioso (Città del Sole, 2022). I Dimenticati (Città del Sole, 2024). L’ultima sciamberga – I bordelli nella Catanzaro degli anni ‘50 (Local, 2025).

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